L'emigrazione italiana

negli Stati Uniti

 

(Fonte: L'emigrazione italiana di Maddalena Tirabassi - Scheda didattica del Centro Interculturale Città di Torino)

 

1. L'emigrazione italiana

Gli italiani all’estero secondo le stime del Ministero degli affari esteri erano nel 1986 5.115.747, di cui il 43 per cento nelle Americhe e il 42,9 in Europa. L’entità delle collettività di origine italiana ammonta invece a decine di milioni, comprendendo i discendenti degli immigrati nei vari paesi. Al primo posto troviamo l’Argentina con 15 milioni di persone, gli Stati Uniti con 12 milioni, il Brasile con 8 milioni, il Canada con un milione e l’Australia con 540.000 persone. Come si spiegano questi dati? Si spiegano con il fatto che gli italiani sono stati protagonisti di uno dei più grandi esodi migratori della storia moderna. "Nell’arco di poco più di un secolo, a partire dal 1861, sono state registrate più di ventiquattro milioni di partenze, un numero quasi equivalente all’ammontare della popolazione al momento dell’Unità". Tale fenomeno interessò tutte le regioni italiane, non soltanto il sud d’Italia.

 

 

2. Le mete migratorie

Le mete migratorie furono diverse: sia mete transoceaniche (Oceania, Africa e Asia, ma soprattutto Americhe) sia paesi industrializzati dell’Europa del Nord. La maggior parte degli italiani del sud preferiva gli Stati Uniti, anche perché il viaggio in treno per raggiungere i paesi dell’Europa settentrionale era non solo altrettanto lungo, ma costava più di quello per nave. Gli emigranti del nord Italia privilegiavano l’America Latina: i veneti soprattutto in Brasile, mentre i piemontesi si diressero prevalentemente in Argentina. Dalle regioni dell’Italia centrale l’emigrazione si divise equamente tra stati nordeuropei e mete transoceaniche.

 

 

Emigranti italiani a Ellis Island

(Foto Lewis W. Hine, 1905)

 

 

3. L'emigrazione italiana negli Stati Uniti

 

3.1. L’arrivo

Sono quasi quattro milioni gli italiani che fra il 1880 e il 1915 approdano negli Stati Uniti. E per tutti l'impatto con il nuovo mondo si rivelava difficile fin dai primi istanti: ammassati negli edifici di Ellis Island o di qualche altro porto come Boston, Baltimora o New Orleans gli immigrati, dopo settimane di viaggio, affrontavano l'esame, a carattere medico e amministrativo, dal cui esito dipendeva la possibilità di mettere piede sul suolo americano. La severità dei controlli fece ribattezzare l'isola della baia di New York come l' "Isola delle lacrime".

 

Italiani a Ellis Island

 

3.2. Le modalità dell'emigrazione e lo sfruttamento

Assieme ai primi emigranti, i cosiddetti pionieri, uomini soli che si recavano in America a cercare fortuna, si sviluppò il fenomeno della catena migratoria: parenti, amici e compaesani raggiungevano i primi emigrati, grazie alle notizie che ricevevano attraverso le lettere inviate dall'America. Le lettere, contenenti notizie più o meno attendibili, fungevano spesso da veicolo principale di propaganda all'emigrazione nel paese. Lette da parenti e amici, a volte nella piazza del villaggio, servirono ad attirare in America milioni di italiani. Molti di loro furono vittime di varie forme di sfruttamento: innanzitutto da parte degli agenti dell’immigrazione, di solito stranieri, e dei sub agenti italiani che cercavano di avvantaggiarsi dell'ignoranza degli immigrati.

 

3.3. Le condizioni di vita e i pregiudizi

Nelle principali città statunitensi si vennero a creare delle little italies, interi quartieri abitati da italiani nelle cui strade la lingua ufficiale erano i vari dialetti del paese di provenienza, con negozi in cui si vendevano prodotti di importazione italiani. In questi quartieri gli italiani erano ammassati nei tenements, edifici di cinque o sei piani, a volte sette, lunghi poco più di sette metri e larghi trenta, in cui le condizioni di vita degli immigrati erano assai precarie a causa delle pessime condizioni igieniche e degli ambienti malsani. Gli italiani erano accusati di essere sporchi, di mantenere un basso livello di vita, di essere rumorosi e di praticare rituali religiosi primitivi. I calabresi e i siciliani che approdavano alle città statunitensi, da una Commissione parlamentare istituita nel 1911 per analizzare il fenomeno della nuova immigrazione, venivano individuati e descritti come coloro che davano un contributo fondamentale alla crescita del fenomeno della delinquenza nelle città americane. La violenza nei ghetti italiani era vera, ma essa era dipinta come un prodotto di importazione, connaturato alla cultura e alla tradizione dei nuovi arrivati come l'abitudine a cibarsi di pasta al pomodoro.

 

3.4. I mutamenti della famiglia immigrata tradizionale

Ben presto si verificano mutamenti profondi nella cultura d'origine degli immigrati e si sviluppano divisioni generazionali all'interno della famiglia immigrata. La tradizionale famiglia patriarcale italiana a contatto con la società americana entra in crisi. In primo luogo la scuola sviluppa il senso di indipendenza e di autonomia nei bambini, liberandoli dai vincoli della famiglia. La scuola è spesso il primo luogo in cui i figli degli immigrati si rendono conto di essere diversi e cominciano a vergognarsi di essere italiani. Essi, grazie alla scuola, sono spesso gli unici a parlare inglese in famiglia. Le madri si sentono spesso oggetto di vergogna da parte dei figli, che sono attratti da tutto ciò che è americano, invece che di rispetto come nel paese d'origine. Ma sono soprattutto le ragazze che iniziano a mettere in discussione la finora incontrastata autorità dei genitori. Il principale terreno in cui si verificava lo scontro culturale tra vecchio e nuovo mondo era costituito dai rapporti delle figlie coi coetanei maschi e più in generale sulle scelte matrimoniali. Le ragazze italiane rivendicavano il diritto di scegliere sì un connazionale, ma più americanizzato, di poterlo vedere al di fuori dell'ambito familiare, di poter frequentare ragazzi senza essere costrette a sposarli, non vogliono la dote, vogliono uscire coi ragazzi senza fidanzarsi.

 

IL VIAGGIO: LA PARTENZA

Imbarco di emigranti al porto di Genova. Per Terre assai lontane, Centro documentazione polesano, Genova 1992.

 

A fine Ottocento, la traversata verso l'America si presentava carica di incognite e di imprevisti fin dal luogo di imbarco, fosse esso il porto di Genova, di Marsiglia o altri scali di paesi europei affacciati sull'Atlantico. Ritardi e disfunzioni delle compagnie di navigazione, documentazione insufficiente, cavilli burocratici costringevano a lunghe, snervanti e talora inutili attese. Il viaggio, poi, si presentava spesso molto disagiato, nell'affollamento e nella promiscuità della terza classe. Appena sbarcati, gli emigrati venivano rinchiusi per la 'quarantena' in apposite strutture ricettive: tra le più note, ricordiamo Ellis Island a New York e l'Hotel des Immigrantes a Buenos Aires. I nuovi arrivati venivano accuratamente visitati dai medici, registrati, interrogati ed esaminati dagli ispettori governativi.
Meno traumatici, ma ugualmente disorganizzati e privi di adeguata assistenza pubblica, erano gli spostamenti degli emigranti temporanei o stagionali verso i paesi europei.
Le cose migliorarono nel corso del Novecento: nel secondo dopoguerra, ad esempio, le numerose partenze di Veneti verso le lontane mete canadesi o australiane vennero regolamentate e organizzate in maniera precisa: si partiva con tutti i certificati e i documenti in regola e non si andava più all'avventura, anche se molto dipendeva ancora dallo spirito d'iniziativa e dalle capacità individuali.

 

COMPAGNIE DI NAVIGAZIONE E NAVI A VAPORE

L'importanza dell'emigrazione per lo sviluppo delle compagnie di navigazione

Il flusso migratorio e la politica governativa di sussidio alle piccole compagnie italiane di navigazione hanno portato alla costituzione nel 1881 della Compagnia Generale Italiana che negli anni a seguire sulle sue navi ha trasportato milioni di emigranti alla ricerca di una vita migliore.

 

 

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