Giovedì 10 Novembre 2011

 

Le strategie del Comune di Rocca d'Evandro

 

(Articolo inserito nel "Quaderno Laboratorio Ambientale" a cura dell'Autorità di Bacino Liri-Garigliano-Volturno, presentato questa mattina presso l'Università degli Studi di Cassino-Campus Folcara, nel corso del Seminario "DAL PIANO AL TERRITORIO: ESPERIENZE DI GOVERNANCE STRATEGICHE NEL BACINO DEL LIRI-GARIGLIANO - LABORATORIO AMBIENTALE IN AREA FLUVIALE MEDIO GARIGLIANO")


Angelo Marrocco* - Il Comune di Rocca d’Evandro, posto a nord della Provincia di Caserta e della Regione Campania e incuneato nella Regione Lazio e a poca distanza dalla Regione Molise (separata solamente dal Comune di S. Pietro Infine), confinante con le Province di Frosinone e di Latina, ha una estensione di 50 km². Il  territorio ha una particolare  configurazione orografica in quanto è costituito da una parte montagnosa (20% - con la propaggine di Monte Camino posto a 960 m. di altitudine), una parte collinare (60%) e da una parte pianeggiante (20%) estesa per Km. 9 lungo il corso del fiume Garigliano fino ai confini con Suio Terme da una parte e con Sessa Aurunca dall’altra.  A tal riguardo non è superfluo evidenziare che il Comune di Rocca d’Evandro è dichiarato, ai sensi della Delibera n°. 2631 del 27.01.1953 della Commissione Censuaria Centrale, “interamente montano” e “interamente svantaggiato” e attualmente fa parte della Comunità Montana “Monte S. Croce” di Roccamonfina. Oggi Rocca d’Evandro conta 3.700 abitanti circa, dislocati in sette borgate storicamente costituite anche se, la presenza del Villaggio residenziale di Casamarina, gli insediamenti di Opifici nella zona industriale e il successo di alcune rinomate aziende agricole produttrici dei Vini Falanghina, Aglianico e Bariletta, portano la popolazione dimorante a circa 5.000 anime. Per la peculiarità della sua posizione geografica e per le grosse potenzialità del suo territorio, dei Centri Storici di Rocca, di Camino e di Cocuruzzo, del Castello, dell’Area Archeologica di Porto di Mola, del fiume Garigliano, il nostro Comune  può avere un ruolo determinante nella condivisione  della cultura dell’ambiente e nelle azioni da individuare in un ambito più vasto afferente al fiume Garigliano. E’ per queste considerazioni che nell’ambito della sperimentazione del Laboratorio, in cui l’attuale amministrazione si è inserita nel corso del 2009,  ci preme non tralasciare ma evidenziare le emergenze ambientali e culturali del nostro territorio ritenute importanti nella Vision condivisa “Garigliano Ponte fra Natura e Uomo”, nella Mission “Tutela del Territorio : la sostenibilità come relazione tra le risorse e lo sviluppo” e nel progetto strategico del sistema dei Comuni del Garigliano “Infrastruttura del distretto ambientale culturale termale per la tutela e lo sviluppo sostenibile”. In effetti le necessità del nostro territorio debbono necessariamente essere messe  a sistema con i comuni circostanti. Per raggiungere tale obiettivo occorre valorizzare alcune  felici realtà presenti, tutelandole e valorizzandole adeguatamente “a sistema”. Pensiamo, allora, al fiume Garigliano, al Parco Urbano, alle Aree Ecologiche, al Castello, alle Aree Montane, ai Centri Storici e ai Nuclei Rurali.

 

Il fiume Garigliano

Il Garigliano segna il limite tra le Regioni del Lazio e della Campania e delle province di Frosinone, Latina e Caserta. Dopo aver preso inizio in località Casamarina di Rocca d’Evandro dalla confluenza del Gari con il Liri, il fiume percorre le pianure di Pastene d’Evandro; poi, con una grande ansa, raccoglie le acque del Peccia e del Rio Martino e corre in direzione Sud, lungo i confini di S. Ambrogio sul Garigliano, con meandri più o meno sinuosi inoltrandosi in una strettissima gola prodotta dalle propaggini del Colle Rocinitolo (nel Comune di S. Ambrogio) e del Monte del Campo in tenimento di Rocca d’Evandro. Verso la parte finale del Piano della Nocella, abbandona il territorio di S. Ambrogio ed entra in quello di S. Andrea sul Garigliano e poi di Suio sul lato destro; sul lato sinistro, ovvero in Rocca d’Evandro, attraversa le fertili pianure delle località di Bocca di Rio, Revotelle, Pioppo, Rena, Perito, Limata Grande, Revote, Ervanello, Castagneto, La Starza e Saucito prima di segnare il confine con le località di Sessa Aurunca. Il suo corso, dal punto di innesto con il Gari sino al mare, è di  38 Km., e di tale tratto Rocca d’Evandro ne occupa  un quarto, cioè quasi 10 Km.. Lungo le sue acque scivolarono le imbarcazioni dei Saraceni che vennero a seminare la morte nelle nostre terre, e lungo le sue sponde si snodò un fervido commercio durante tutto il Medio Evo e sino al Rinascimento. Attraverso le sue acque, Desiderio fece pervenire a S. Germano e quindi a Montecassino le opere che dovevano rendere famosa la sua Badia; sulle stesse  furono trasportate le opere d’arte necessarie all’abate Sanguino per erigere i suoi chiostri e il suo monastero. Al fine di consentire il transito di persone, animali e cose sul corso dei Fiumi Rapido, Liri e  Garigliano, da tempo remoto, vale a dire pressappoco dal XII secolo,  si rinviene la presenza delle Scafe per l’inesistenza di ponti o guadi che non consentivano un facile ed agevole attraversamento da una sponda all’altra. In particolare si annoverano le Scafe di Roccaguglielma (Esperia), di S. Giorgio, di S. Apollinare, di Vandra o S. Ambrogio, di Mortola o Sant’Andrea e del Garigliano (questa ultima posta al di sotto degli attuali stabilimenti balneari di Suio Terme in tenimento di Castelforte). Si registra una forte attività scafistica nel 1500,  nel 1700 e ancora nel periodo anteriore al secondo grande conflitto mondiale; nel periodo bellico, gli alleati, per spezzare la Linea Gustav, facendo ricorso a frequenti e massicci bombardamenti, distrussero ogni forma di attività esistente sul Garigliano, ivi compreso il Ponte di S. Ambrogio e, in parte,  le attività scafistiche. Nel dopoguerra, anche a causa dell’opera di ricostruzione dei ponti, hanno continuato a funzionare solamente le Scafe di Esperia e di Mortola.  Questa ultima (in tenimento di Rocca d’Evandro) fu l’ultima a cessare il suo funzionamento, considerato strategico e di primaria importanza sia per il volume d’affari che per la fruizione della popolazione dei centri di Mortola, Cocuruzzo, Calabritto, Galluccio, S. Carlo, Campolongo e Camino; essa  era ubicata in località La Starza a poca distanza delle Solfatare o “Mofete”,  a circa 1 Km. dallo storico attracco romano di “Porto di Mola”,  in un punto ideale tra le due sponde, quella di Rocca d’Evandro e quella contrapposta di Sant’Andrea, dove il letto del fiume scorreva e scorre quasi allo stesso livello del terreno circostante. In contrada Cerasola vi è la confluenza del Liri con il Gari (questo ultimo raccoglie le Acque del Rapido che, per le sue copiose sorgenti, rappresenta una disponibilità idrica di rilevante importanza.). Appena oltre la confluenza, il Garigliano riceve le acque della sorgente Casa Marina, del fosso di Vandra e più avanti quelle del fiume Peccia che, sin dal territorio di S. Vittore, è alimentato da  diverse sorgenti. Il Peccia, sgorgando da diversi punti del Monte Maggiore, dà origine al Peccia Piccolo o Canale del Mulino; in questo tratto il piccolo fiume si  divide in due tronconi, dando origine al canale della Forma e al Peccia propriamente detto. In sostanza dalla confluenza del Liri-Gari al Peccia escluso, si riversano nel Garigliano  le sorgenti di: Casa Marina, Canale, Colle, Formella,  Peccia (località Vallevona), S. Mauro; dalla confluenza del Peccia sino al ponte di Suio, il nostro fiume riceve le acque dalle sorgenti di :  Peccia, Torrente Bocca di Rio, Fosso dell’Isola, Rio S. Croce (che riceve il Fosso Vallicelli), Fosso Vallicelli,  Fosso Campalocci, Fosso Saraceni, Fosso delle Macchie, Fosso Catafari (che delimita il territorio con il Sessano). Il Garigliano si snoda con molte anse, cambiando spesso il proprio letto. Proprio per l’instabilità del suo corso si sono accese liti di confine, soprattutto con il comune di S. Ambrogio. Per le forti inondazioni e gli straripamenti avvenuti tra il 1730-1740 il fiume abbandonò il suo corso naturale per internarsi nel territorio di S. Ambrogio, lasciando nel fondo di Rocca d’Evandro (Bandra) una gran parte della fertilissima pianura. In quella stessa epoca straripò anche il Peccia che tagliò altro territorio di S. Ambrogio, che rimase sul versante opposto al fiume. Ne risultò così una alterazione grave dei confini. Il Comune di S. Ambrogio, allora, fece redigere una pianta della zona contestata, tuttora giacente nell’archivio di Montecassino. Il fenomeno si ripete ogni anno durante il periodo invernale in occasione delle forti intense e perduranti piogge che, provocando l’esondazione del fiume, finisce per interessare  tutta la piana roccavandrese fino a  lambire l’asse viario S.S. 430 che, da S. Vittore del Lazio, passando per Rocca d’Evandro e Sessa Aurunca, raggiunge l’Appia.  I danni sono ingenti anche in considerazione del fenomeno della rottura degli argini spondali che, in vari e sempre più punti, stanno distruggendo intere proprietà terriere mettendo in pericolo perfino la prospiciente antica Via di Sessa.  Pur prendendo atto che ciò dipende dal fenomeno della “legge del fiume” , c’è da considerare che in tenimento laziale (S. Ambrogio S.G. e S. Andrea S.G.) sono stati eseguiti, in passato, lavori di protezione degli argini con grossi gabbioni, mentre sul lato sinistro del fiume che interessa Rocca d’Evandro gli stessi interventi non vengono eseguiti malgrado le continue richieste inoltrate.

L’Amministrazione Comunale dovrà profondere ogni sforzo, in accordo con l’Autorità di Bacino, per preservare la bellezza naturale della Piana del Garigliano attivando le necessarie procedure per i lavori di protezione delle sponde e per evitare insediamenti strutturali non consoni all’ambiente ed infine mettere in atto azioni di riqualificazione ambientale delle fasce fluviali.

 

Il Parco Urbano

Nel 2005, la Regione Campania - con Atto della Giunta Regionale (Seduta del 29 luglio, Delibera n°. 1044, Area Generale di Coordinamento n°. 16, Governo del Territorio, Tutela Beni Paesistico-Ambientali e Culturali, L.R. n°17 del 7 ottobre 2003) ha istituito il Parco Urbano di Rocca d’Evandro, di interesse regionale. L’area del Parco Urbano individua diverse zone del territorio comunale di particolare pregio e definisce una rete diffusa di beni ambientali e culturali significativi, il SIC Monte di Mignano Monte Lungo, il SIC Fiume Garigliano, i paesaggi della montagna e della fascia fluviale del Garigliano, le zone di sorgenti e dei rii, le emergenze storico-culturali del Castello, le borgate montane, i siti archeologici lungo il fiume.

 

L’area archeologica del Porto di Mola

L’area è localizzata in contrada Mortola di Rocca d’Evandro e si trova in un’ansa del fiume Garigliano, laddove questo stesso corre allo stesso livello delle terre circostanti. Nel 1994, durante lavori di aratura all’interno della proprietà “Porto di Mola”, affiorarono in superficie i resti dell’antico porto. L’interessamento  della Soprintendenza Archeologica di Caserta portò alla luce tonnellate di anfore vinarie, quattro fornaci, una taverna per la commercializzazione dei prodotti, un viale (in basoli di calcare) di approdo al fiume, strade di collegamento in acciottolato di leucite con la via Appia (verso il mare) e la via Latina (verso l’interno). Il sito, fornito di un importante porto sul Garigliano, era in stretto collegamento con il porto maggiore di Minturno. In età romana, a partire dal II° secolo a.C., la zona produceva, grazie alla fertilità del terreno vulcanico, grandi quantitativi di vino, destinato per la maggior parte alla esportazione oltre il mare. Dopo “l’imbottigliamento” nelle caratteristiche anfore, ivi sapientemente prodotte, il commercio ed il trasporto avvenivano sia attraverso la via fluviale (il Porto)  che tramite assi di collegamento terrestri ben individuati.

 

Le aree ecologiche

La cura dell’uomo e la lungimiranza degli amministratori che nel tempo si sono succeduti, hanno permesso la conservazione e la tutela di aree ecologiche naturali di grande pregio, quali Monte Camino, Monte la Defensa, Monte la Remetanea, la Zappatina, l’Acqua Viva, l’Acqua Pendola, Monte del Campo, la Campanara. La Comunità Montana “Monte S. Croce” di Roccamonfina, tramite l’esecuzione di lavori di sentieristica, ha permesso la valorizzazione e la conoscenza di zone incontaminate di rara bellezza.

 

Il Castello

Il Castello, del X secolo, rappresenta per il nostro Comune un vanto e una prospettiva di futuro sviluppo culturale e ambientale. Quasi completamente riattato, potrebbe  ospitare (tra l’altro) un Museo dell’Acqua essendo questa un bene naturale di grande peculiarità del territorio roccavandrese per la presenza del fiume Garigliano, del fiume Peccia (che unisce i Comuni di Galluccio, Mignano M. L. e Rocca d’Evandro) e per le abbondanti sorgenti della Zappatina. La storia del maniero è fortemente legata alla storia dell’Abbazia di Montecassino. La sua posizione strategica, posto come è su di uno sperone, lo rende unico e maestoso in quanto domina la valle del Liri e del Garigliano, guarda alla bassa Ciociaria e finanche al gruppo montagnoso delle Mainarde. Gli ultimi proprietari, i Cedronio, lo cedettero alla famiglia D’Ambrosio di Rocca d’Evandro che, al fine di consentirne la riattazione e la valorizzazione per le future generazioni e per renderlo patrimonio della collettività, lo vendettero al Comune di Rocca d’Evandro ad una cifra puramente simbolica. Esso è circondato da un ampio giardino, posto su vari terrazzamenti che gradualmente scendono, tramite un viale in pietra, verso il borgo medioevale di Rocca; si rinvengono piante autoctone e antiche, proprie della flora mediterranea.

 

Le aree montane

La parte montagnosa del territorio, con le cuspidi di Monte Camino, di Monte La Remetanea e di Monte la Defensa, rendono il territorio vario e quasi selvaggio in quanto la flora e la fauna sembrano preservare un paesaggio non contaminato dalle trasformazioni dell’uomo. Su queste montagne, si sono verificati episodi storici di difesa e di bombardamenti nel corso della famosa Battaglia per la conquista di Monte Camino del novembre-dicembre 1943 e nella Battaglia di Mignano Monte Lungo nel dicembre dello stesso anno. Ancora oggi sono visibili i resti delle Trincee e di alcune fortificazioni costruite dagli Alleati. Sulle pendici di Monte Camino, nel 1996, il Comune ha autorizzato il riconoscimento di una Area Wilderness, proprio di tutela della flora e della fauna ivi tanto apprezzabile.  Sulla cima di Monte Maggiore si trova l’antica  Chiesa dell’Eterno Padre, risalente al X/XI secolo, che rappresenta uno dei pochi esemplari di architettura alto medioevale dell’intero comprensorio.

 

I centri storici

Si annoverano 3 Centri Storici, Rocca, Camino e  Cocuruzzo. Di valenza architettonica medioevale, rappresentano la storia del Comune perché intorno ad essi nei secoli si è concentrata la popolazione. Il Centro Storico di Rocca, borgo medievale posto al di sotto e nelle adiacenze del Castello, si è costituito ed ha avuto fulgida storia a seguito della costruzione del maniero, allorquando la popolazione stabilita in località Bandra dovette, per motivi di difesa contro gli assalti provenienti dal mare lungo il prospiciente corso del Garigliano, trasferirsi in un luogo inaccessibile e fortificato. E’ il Centro Storico per eccellenza a causa delle sue caratteristiche viuzze, delle 2 Porte, dell’Acqua e di S. Margherita, oltre alla apprezzata presenza di palazzi gentilizi e di portali di rara fattura. Nel corso del secolo scorso è stato contrassegnato da una vita attiva, sia perché legato  alle sorti del Castello, sia perché ricco di botteghe artigiane (falegnami, sarti, calzolai, muratori); l’intera popolazione, in particolare quella proveniente dalla pianura e dalle parti alte del territorio, frequentava con assiduità il centro, soprattutto la domenica perché la storica Piazza Fanelli era luogo di ritrovo per la presenza di cantine e, perché vi si praticava un florido mercato con prodotti provenienti dal casertano e dal cassinate. Ivi sorgono luoghi di culto molto frequentati da visitatori nell’arco dell’intero anno: - Chiesa di Santa Maria Maggiore sita in piazza Fanelli (chiesa principale integralmente ricostruita nella seconda metà del Settecento) - Cappella di Santa Barbara (è situata all’ingresso del castello; quasi completamente riattata, mostra strutture seicentesche); - Chiesa di San Tommaso (oggi restaurata), situata sotto l’abitato. Fuori dell’abitato e più a valle, vi è la Chiesa della Madonna del Farneto che ha mantenuto alcuni segni della sua antica origine come il portale arcuato di tipo tardoromanico; la statua della Madonna conservata in questa Cappella è riferibile almeno al XV secolo.

Camino, centro storico medioevale che anticamente sorgeva più in alto della attuale posizione, è oggi visitato da estimatori dei centri storici per la sua configurazione architettonica,  per la presenza di borgate caratteristiche e rurali, quali Colle di Camino e Formella e per la prossimità del  Santuario di Monte Camino (con la statua della Madonna), particolarmente frequentato dai fedeli nel mese di maggio. Ristrutturato dopo i ripetuti bombardamenti del 1943 che coprirono di fuoco la montagna alla cui quasi sommità (a quota 946 mslm) si trova Camino, già Comune autonomo, ha una storia  ampiamente documentata. Posto a m. 583 slm, è stato unito a Rocca d’Evandro con Regio Decreto n°. 104 del 4 maggio 1811. Apprezzabile è la Chiesa S. Maria La Nova che data del 1720 ed è appartenuta alla Diocesi di Teano fino all’anno 1977; degna d’interesse è anche la Chiesa di S. Giovanni Battista in località Formella.

Cocuruzzo, altro centro storico medioevale, situato su di una prominenza rocciosa, sorge nel 1146 attorno al monastero di S. Salvatore allorché durante la guerra tra Ruggiero II ed il Papa, essendo state arse molte terre tra le quali Mortola, posta in pianura, gli abitanti furono costretti ad emigrare, formando prima un villaggio ove  si trova Cocuruzzo Vecchio e poi, per meglio difendersi, salire sulla prominenza ove oggi si vede ancora. Anche Cocuruzzo è stato feudo di Montecassino e soggetto, come lo è sempre stato, all’abate per la parte spirituale. Alla pari di Camino, già comune autonomo, è stato unito a Rocca d’Evandro con Regio Decreto n°. 104 del 4 maggio 1811. L’abitato è sormontato dalla Chiesa dedicata a S. Salvatore. La sottostante contrada di Mortola, posta quasi sul corso del Garigliano e di fronte a S. Andrea S.G., era parte integrante di Cocuruzzo. Il Centro Storico è tenuto alquanto bene, anche se, come Camino d’altronde, sta conoscendo il fenomeno dello spopolamento, forse a causa delle viuzze interne troppo strette che non permettono di usufruire delle sempre più moderne comodità logistiche.

 

I nuclei rurali

L’economia di Rocca d’Evandro, fino a qualche decennio fa, era basata essenzialmente sulla agricoltura, ma dagli anni ’60/’70 con la creazione dell’indotto Fiat nella vicina Cassino e dagli anni ’80, con lo sviluppo della nostra zona industriale, deriva dalle attività terziarie in genere. Ciò però non significa che l’attività agricola sia scomparsa del tutto, anzi essa continua ad essere praticata soprattutto nelle zone rurali di Camino, Vallevona (lussureggiante vallata posta tra Camino e Mignano M. L.), Colli, piana del Garigliano, Campolongo, Mortola (posta a poca distanza dagli stabilimenti termali di Suio) e tutta la zona ove anticamente sorgeva Bandra (verso Cassino).  Non è difficile trovare in questi nuclei rurali, vecchi attrezzi e vetusti mezzi a testimonianza delle vecchie tradizioni agricole.          

 

In ragione della tutela del territorio e della valorizzazione delle emergenze naturali e culturali presenti sul territorio, il nostro comune può proporsi come “Luogo dell’Acqua”. La presenza del fiume Garigliano, del fiume Peccia, dei rii, dei canaloni naturali, delle varie ed abbondanti sorgenti, testimoniano che la storia del territorio si è snodata intorno all’elemento “acqua” che ha, in un certo qual modo, segnato nel tempo il destino della  popolazione e ha rappresentato il filo conduttore nonché l’elemento di connessione delle emergenze naturali e culturali. L’adesione convinta del Comune di Rocca d’Evandro al Laboratorio Ambientale Medio Garigliano deve servire essenzialmente a difendere e a tutelare il territorio, mettendo in atto idee e progetti condivisi (in ambito dei finanziamenti europei e regionali) per creare le giuste premesse ad uno sviluppo coordinato e sostenibile delle zone intercomunali, interprovinciali e interregionali in cui l’elemento aggregante è il fiume Garigliano. Le prospettive sono allettanti in quanto esse  potrebbero portare alla realizzazione di alcuni primari obiettivi:

  • la realizzazione di un sistema di percorsi ambientali a tema che interessino, in senso longitudinale e trasversale, le zone lungo il Garigliano e che da esse portino al Parco Urbano di Rocca d’Evandro, al Parco Regionale di Roccamonfina/Foce del Garigliano, all’entroterra campana e laziale, alle Chiese, alle parti alte del territorio, al Castello;

  • la salvaguardia e la tutela delle aree agroforestali, poste sia in pianura che in montagna;

  • lo sviluppo di economie sostenibili, quali l’ospitalità nei borghi rurali;

  • la valorizzazione dei centri storici di Rocca, di Camino e di Cocuruzzo;

  • la valorizzazione dell’area archeologica di Porto di Mola, con il recupero delle vecchie scafe e con la definizione del Progetto Interregionale in essere della navigabilità del Garigliano dalla diga Enel a Cassino;

  • la creazione nel Parco Urbano di un “Centro di Informazione e Formazione sulla risorsa idrica”;

  • la creazione nel Castello del “Museo dell’Acqua”

 

*Dott. Angelo Marrocco – Sindaco del Comune di Rocca d’Evandro

  

 

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